31 May 2014

Le pietre di Bölcske

MAGYARUL

scritto da Gergely Schell
 
Bölcske e Madocsa sono due comuni sulle sponde del Danubio, entrambi tra le città di Dunaföldvár e Paks. La ferrovia (che ai giorni d’oggi non svolge trasporto pubblico), e l’autostrada (oggigiorni meno in uso per via della strada numero 6), entrambi sono abbastanza distanti, dunque preservano l’isolamento dei villaggi. Gli storici, archeologi, antropologi, etnografici ed altri numerosi intenditori fanno tesoro di questi siti, per cui ne vale la pena di assentarsi dalla via maestra.

 

La storia di Madocsa è strettamente intrecciata. La popolazione in parte si ritiene discendente dai pecenego (besenyő, in ungherese). Nel 12esimo secolo, a Madocsa c’era un abbazia dei Benedettini, di cui più tardi si edificò la chiesa cattolica di Bölcske. Ci sono studi sui territori, comunemente coltivati dai due comuni. La vita dela gente del posto è dominata dalla landa caratteristica della Grande Pianura ungherese, e la vicinanza del Danubio. È interessante, che a Madocsa parlano sustituendo le e con ö, come a Szeged, dato che il villaggio costruito su una collina nel terreno alluvionale delle anse del Danubio appartiene solo in parte alla Grande Pianura, l’altra metà sta dalla parte del cosiddetto oltre-Danubio (Dunántúl). Si conta e si racconta che i turchi non trovarono il villaggio nella sterpaglia e nel canneto che caratterizza la zona. Parecchi aneddoti si potrebbero dire sugli abitanti della zona, ma questo lo lasciamo per un altro autore.
 
Positura approssimata della fortezza di Bölcske
  
A Bölcske, con un pochino di ricerca si trova presto il lapidario romano, costruito proprio di fronte alla parocchia cattolica, vicino alla chiesa. Le pietre romane sono state recuperate dal Danubio all’incirca tra il 1973 e ’94. Secondo la leggenda, le pietre emergenti all’acqua magra sono le rovine della chiesa del villaggio Kali. I navigatori temevano le due “rupi” e con esplosioni cercarono di sbarazzarsi dei residui che comportavano pericolo anche nel periodo del disgelo. Rómer Flóris già nell’Ottocento capì che le pietre erano di carattere di costruzioni – un proprietario terriero dell’epoca che  raccoglieva i pezzi di pietre calcaree e marmi. Eppure solo nel 1973, durante le indagini di una nave che affondò sugli scogli, gli archeologi notarono quelle pietre. Le prime revelazioni, benchè, cominciarono solo nel 1986.
 
 
I subaquei scoprirono una fortezza-forto di all’incirca 80×80 metri. Il capitano Cousteau ed I suoi girarono il loro film sul Danubio su questi siti. Nei muri dell’edificio sono state integrate dei frammenti di pietra tra i mattoni fabbricati sul posto, è cosí che si trovano qui le pietre sacre celitici-eraviscus, provenineti dal Nord, dalla collina Gellért. Per questo si può leggere Teutanus, nome di divinità eraviscus sulla pietra sacra di Jupiter: l’impero sincretista ha assimilato infretta nel proprio sistema religioso i popoli conquistati.

 
Della fortezza si è presto scoperto che faceva parte di un sistema protettivo orientale dell’Impero, e benchè in quel periodo ormai nell’impero il culto di stato fosse cristiano, utilizzavano gli altari “pagani” come materiale per le proprie costruzioni.
I ricercatori si ponevano per tanto tempo il problema se la fortezza di Bölcske fosse sulla sponda destra o sinistra – infine si scoprirono visini ad entrambi delle rovine: dunque trovarono alla frontiera (limes) un posto di guado. Questi trans- e contrafortezze sui lati opposti del fiume erano frequenti. Gli archeologi pensano che un traghetto con corde fungesse per il guado dei soldati. (Interessante che il posto di varco più vicino si trova a Paks, anche se a Dunaföldvár c’é un ponte per la Grande Pianura).









 
È una lunga storia come i rinvenimenti di bölcske hanno cambiato le tesi sui limes. Si vede che già lí cominciava il molto popolato territorio romano, che si estendeva sino ad Imsós (Paks) e fu caratterizzato geograficamente da paludi ed isole.



  
Facciamo una passeggiata fra le pietre, visitiamo il lapidario! Il resto di testa di statua in marmo, la tomba decorata con (supponibilmente) pampino, e le pietre d’altare raccontano molto del mondo dell’Impero Romano. Ci sono anche cartelli intriguanti per i gruppi scolastici che visitano la piccola mostra all’aperto. Il cancello aperto conduce alla chiesa cattolica, da qui a destra si possono scorgere pietre interessanti nella sterpaglia… Chissá se di queste costruirono un tempo l’abbazioa Benedettina di Madocsa? Purtroppo non ne abbiamo la conferma. Procedendo meridionalmente, arriviamo a Dunakömlőd (che fa parte di Paks) e possiamo scorgere il portone ricostruito del campo romano Lussonium che torreggia sopra la strada numero 6 – questo posto a sua volta è importante e significativo per la storia romana ed ungherese.

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tradotto da: Irén Tóth

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